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Tag: favole della Peppina

Via Libertà

Via Libertà è sempre stata una via particolare del nostro paese soprattutto per chi, come il sottoscritto , ha trascorso lì i primi ventisette anni della sua vita. Da una parte i “Trai”, dalla parte opposta i palazzi popolari figli del boom edilizio dei primi anni 50. E dietro questi l’aperta campagna. Anche la strada a differenza delle altre del centro storico era molto più ampia, lunga e diritta e per noi ragazzi era un campo giochi ideale viste le poche macchine che circolavano in quegli anni. Quante partite di pallone, con i nostri maglioni che delimitavano le porte e quante sgridate dagli abitanti soprattutto anziani dei palazzi. La larghezza della strada permetteva anche la disputa di altre discipline, come atletica e ciclismo, mentre gli inverni lunghi e freddi di quei periodi ci davano anche la possibilità di praticare sport invernali tipo bob o slittino utilizzando cartoni che con cura conservavamo proprio per questa evenienza. Il sale a quei tempi era utilizzato solo per condire gli alimenti, e le strade potevano restare ghiacciate per settimane, per la gioia di noi ragazzi (meno per quella degli adulti…) Il campo giochi terminava però al cartello “Zona del silenzio” a pochi metri dall’ ospedale. Mi ha sempre affascinato quel cartello, pensavo che all’ interno non si potesse né giocare ma neppure parlare troppo forte e spesso i ragazzi che abitavano in quella zona venivano in trasferta dalle nostre parti. Io vivevo in uno dei due primi palazzi costruiti, vicino alla Fabbrica e questo era spesso oggetto di discussione con gli altri ragazzi che vivevano nei palazzi costruiti in seguito e sicuramente rifiniti meglio. Solamente il fatto che noi avessimo le persiane mentre gli altri avevano le tapparelle era un problema non di poco conto…Non mancava una certa rivalità tra le due zone ma anche tra i ragazzi dei trai e quelli dei palazzi. Quante battaglie a palle di neve nascosti tra i rottami agricoli che riempivano il “campo di Baderna” di fronte al nostro palazzo e dove si vociferava la presenza di serpenti e topi di dimensioni enormi. La sera però arrivava la tregua, quando, soprattutto durante l’estate ottenevamo il permesso dai nostri genitori di attraversare la strada ed andare ad ascoltare le favole della Peppina. Chi con la sedia portata da casa, chi accovacciato per terra, ci stringevamo intorno a lei mentre imperterrita continuava a sferruzzare a maglia per ascoltare storie fantastiche che ci facevano volare verso castelli fatati o battaglie contro draghi. In quelle sere calde la via era viva e brulicava di gente. Chi come noi aveva davanti all’entrata una piccola rampa di scale restava a prendersi l’ultimo fresco della sera prima di entrare nel forno di casa. Gli adulti parlando tra di loro mentre noi ragazzi ci gustavamo l’ultimo ghiacciolo impiastricciando di vari colori i gradini di ingresso. Gli altri palazzi sopperivano alla mancanza di gradini con le sedie portate da casa e davanti ad ogni entrata sentivi le voci dei giocatori e delle giocatrici di briscola impegnati in partite all’ultimo sangue. “ Dagli un carico”, “ Vai liscio”… Poi d’improvviso calava il silenzio, rotto solo dall’ abbaiare di qualche cane randagio che l’accalappiacani non era ancora riuscito a catturare e naturalmente il tifo di noi bambini era per il cane.. Passando a trovare mia madre in quel palazzo di Via Libertà 39 mi rendo conto che nessuno dei vecchi condomini è rimasto. Molti appartamenti sono rimasti vuoti con le persiane chiuse e con il cartello “vendesi” attaccato fuori. Un condominio negli anni ‘60 era una faccenda ben diversa rispetto ad adesso, c’erano moltissimi bambini ed erano rappresentate diverse generazioni, dalla prima infanzia alla giovinezza ma con lo scorrere del tempo non è mai più stato così. A quei tempi un condominio era un piccolo mondo coeso, ci si conosceva tutti e ognuno aveva le sue caratteristiche: uno era celebre per il pollice verde, l’altro per l’indiscussa abilità nei lavoretti, su alcuni potevi sempre contare e puoi star certo che c’era sempre qualche mamma o qualche nonna che preparava ottimi dolci. Oramai tutto è ben diverso, di coeso non c’è più nulla, e magari fosse solamente una questione di vetustà di infissi….

Mario Cavalli