Gli strettini
A Cortemaggiore, per noi bambini degli anni 70, l’estate trascorreva spensierata in strada, sotto casa. Liberi di gestirci , di inventare giochi e situazioni, senza adulti accanto a suggerirci continuamente cosa fare e come fare. Abitavo negli Strettini in quegli anni e Via Ziotti era piena di vita e di attività, di luci e di rumori. Ci passo ancora ogni tanto, per riscoprire qualche antica sensazione, e mi rattrista vedere alcune case disabitate, con gli infissi rovinati dal tempo e dall’abbandono, le saracinesche arrugginite abbassate sui negozi che un tempo illuminavano la via, ora troppo buia e silenziosa. Provenendo da Via Garibaldi, imboccando gli Strettini, sulla sx c’era la sartoria di Gualazzini, mi sembra ancora di sentirlo il rumore delle macchine da cucire, la musica della radiolina ed il brusio delle sarte che sotto la supervisione, prima di Stefano, poi di suo figlio Gianni, confezionavano abiti da uomo su misura , di ottima qualità. Noi bambini, afferrando le grate delle finestre ci arrampicavamo sul muro per sbirciare dentro, salutare e poi scappare divertiti, qualche volta anche con le ginocchia grattate. Di fronte c’era il negozio di fiori delle sorelle Filiberti , due donne sempre molto silenziose e all’apparenza severe che avevano allestito il negozio in uno stanzino angusto e buio , piuttosto triste, ma che d’estate si riempiva di colori dentro e fuori; vasi di fiori ovunque, sul marciapiede, sugli scalini e appesi alle inferriate delle finestre. Proseguendo in direzione dei giardini, sul lato sx della via c’era il negozio di Pierino il barbiere e accanto il negozio di elettrodomestici di Dante Ghizzoni, un uomo robusto e di poche parole che aveva l’abitudine di riposare in macchina nella pausa pranzo. Ci divertiva restare a guardarlo mentre, abbandonato sul sedile davanti, russava sonoramente con la bocca spalancata. In fondo alla via, poco prima dell’asilo Verdi, c’era il negozio di parrucchiere di Rosanna e Fernanda dalle cui finestre si udiva incessante il rumore dei phon misto alle chiacchiere e alle risate delle clienti. In mezzo a tutte queste attività c’eravamo noi, schiamazzanti bambini felici e un po’ selvaggi , in strada dalla mattina alla sera ad esasperare i lavoratori, in particolare il povero Pierino che vedeva continuamente minacciata la sua vetrina dai nostri palloni e che spesso usciva brandendo il rasoio a mo’ di coltello, dicendo con tono pacato ma deciso “ Des cul balon lè val taj “, ma noi sapevamo che le sue minacce in dialetto erano bonarie e, dopo una breve pausa di qualche minuto, ricominciavamo a giocare. Diverso era quando la minaccia era scandita in italiano, voleva dire che la sua pazienza era davvero giunta al limite e se riusciva a prenderci il pallone, non potevamo far altro che sperare che si trattasse solo di un sequestro. Per riscattare il pallone sapevamo infatti cosa bisognava fare: pulire la vetrina o spazzare i capelli appena tagliati e rimasti sul pavimento . Povero Piero se n’è andato anche lui in questo anno orribile, ed il dispiacere è stato grande. Se ne va con lui una parte della nostra infanzia spensierata, incontrarlo ogni volta davanti al nuovo negozio sotto i portici, voleva dire ridere ancora del suo tormento per i nostri palloni ed ogni volta sentirlo sospirare “ ah ragass im fat tribulà abota ” .
Elisabetta Corti